Storia

Circondato dal suo antico borgo, incastonato tra l’Umbria e il Lazio, il Castello domina dall’alto la verde valle del Tevere con una sguardo che si estende a 360 gradi dai monti Cimini al monte Argentario e al monte Amiata fino agli Amerini e al Soratte.

Un castello/palazzo che rievoca un glorioso passato e che ha visto le sue splendide sale frequentate da personaggi illustri con le numerose casate che si sono succedute nel corso dei secoli e che hanno fatto la storia dell’Italia. Celebrazioni, danze ma anche contese e conflitti con le segrete carceri sotterranee e i cunicoli che attraversavano il paese.

L’antico castello sorse probabilmente sulle rovine di un tempio dedicato a Giove Elicius. Le prime tracce risalgono al 1191, in un documento era chiamato Castel di Juvo, e si presentava come un agglomerato ben fortificato a protezione della valle del Tevere.

Per tutto il secolo XIII il castello fu sempre al centro di violente contese tra Orvieto e Todi, finché quest’ultimo nel 1256, dopo l’accordo tra Orvieto e Perugia, ne riprese il possesso mettendovi a capo il conte Raniero dei Baschi, capo dei ghibellini, il quale, dopo essersi alleato con Spoleto, assediò nel 1259 Camerino.

L’odio di Raniero verso la città marchigiana risaliva ad alcuni anni prima, quando in sua assenza truppe camerinesi al comando di Crescio dei Monaldi avevano arrecato danni al castello di Giove, infierendo contro alcuni suoi parenti. I Baschi, fedeli ghibellini, si trovarono sempre in sintonia con Todi che verso di loro dimostrò amicizia e solidarietà in parecchie occasioni.

Nel 1308 Giove fu occupato dai guelfi di Amelia guidati da Carolus Nicolai e da Offreduccio II d’Alviano.

Nel 1320 se ne impossessò Sciarra I Colonna (podestà di Narni nel 1297, capitano di milizie todine nel 1310); nel gennaio 1328 Sciarra I, anziano capitano del popolo a Roma, incoronò Ludovico IV il Bavaro (1286-1347) imperatore; scacciato da Roma il Colonna morirà in esilio nel 1329.

Nel 1333 Giovanni Orsini, cardinale Legato in Toscana, assediò Giove e dopo essersi macchiato di efferati delitti distrusse buona parte della rocca. Papa Giovanni XXII (1316-1334), adirato per il grave episodio, fece imprigionare l’Orsini nelle carceri di Amelia il 20 marzo 1333.

Dal 1359 divenne feudo di Tommaso d’Alviano figlio d’Ugolino, appartenente al ramo guelfo della famiglia; nel 1364 divenne la roccaforte della Compagnia Nera di Anichino Bongardo che per oltre tre anni devastò tutta la zona fino a Terni. La feroce compagnia mercenaria, chiamata da Perugia nel 1364, si accampò a Pila dove arrivò ad un accordo con la Compagnia Bianca di Giovanni Acuto.

Nel 1378 la zona assistette al passaggio dei feroci Bretoni, seguaci dell’antipapa Clemente VII (1378-1394), mandati dai cardinali francesi in aiuto di Francesco di Vico, signore di Viterbo.

Dopo la metà del XV secolo Giove cadde in mano di Everso d’Anguillara, signore di vasti domini e uomo d’armi al servizio ora del papato ora dei ribelli; i suoi figli, Francesco († 1473) e Deifobo († 1490), dopo la morte del padre (4 settembre 1464), continuarono ad occupare feudi e castelli, forti dell’amicizia del nuovo pontefice Paolo II (Pietro Barbo, 1464-1471), loro padrino. Il papa, però, stanco dei numerosi richiami dovuti all’efferatezza del loro comportamento, li scomunicò e con l’aiuto di Federico II da Montefeltro e di Nicolò II Orsini riprese Giove sotto il dominio di Roma nel 1465.

La lotta intrapresa contro gli Anguillara si concluse con il loro annientamento e con lo smembramento delle proprietà che essi avevano acquisito (Caprarola, Ronciglione e Capranica).

Nel 1503 l’antica fortezza cadde sotto l’attacco di Cesare Borgia che ne smantellò anche tutte le opere difensive.

Nel 1545 vi s’insediò con la carica di governatore Ottavio Farnese, duca di Castro e Ronciglione e signore di Attigliano, che vi mandò la figlia Contarina Farnese.

Paul Brill, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons

Il 4 luglio del 1597 Matteo Farnese alienò il feudo ai fratelli Ciriaco e Asdrubale Mattei, parenti degli Orsini e dei Colonna, il quale provvidero ad innalzare lo splendido palazzo rinascimentale, poi trasformato in residenza nobiliare.

Papa Urbano VIII (1623-1644) nel 1643 concesse infine a Girolamo Mattei, marchese di Giove, il titolo di duca.

Pittore non identificato, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons

Dai Mattei, famiglia romana che diede alla Chiesa ben otto cardinali (Alessandro Mattei, insigne porporato, era proprietario del palazzo nel 1816), passò ai Mattei-Canonici. In seguito Caterina Mattei, ultima erede, lo trasmise a suo figlio marchese Carlo Canonici.

Morto Carlo senza eredi, il palazzo fu ereditato dalla duchessa Maria Anna Mattei che sposò il marchese Carlo Teodoro Antici di Recanati, il cui figlio Matteo, senatore nel 1859, prese il cognome Antici-Mattei. Nel palazzo fu ospite la marchesa Adelaide Antici, madre di Giacomo Leopardi e nel 1910 il re Vittorio Emanuele III, in visita nella zona.

Dagli Antici passò ai Ricciardi, al generale Mario Nicolis Robilant (1855-1943) e nel 1936 è stato acquistato dal Conte Pietro d’Acquarone che fece importanti lavori di ripristino al castello a seguito degli ingenti danni subiti nel 1915 con il terremoto di Avezzano.

Il corpo principale dell’edificio si articola su cinque piani, con tre torri angolari di cui una crollata in parte; nelle facciate si aprono ben 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno. Una delle torri deriva dalla incorporazione dell’antica torre della rocca che si legge nel quadro di Paul Bril conservato nel Museo di Palazzo Barberini a Roma.

I saloni interni sono decorati con pitture di argomento mitologico, attribuite a Domenico Zampieri (1581-1641) detto il Domenichino.

Tra il 1985 e il 2014 è stato di proprietà del regista e produttore statunitense di film fanta-horror Charles Robert Band.

A Dicembre 2014 è stato acquistato dall’attuale proprietà che lo ha interamente restaurato anche grazie ai fondi per la ricostruzione erogati in seguito al sisma del 2016 e che ha provocato ingentissimi danni rendendo completamente inagibile il castello.